domenica 11 settembre 2011

Il perdono

Uno dei pregi che ha il Corriere della Sera è quello di offrire ogni tanto ai propri lettori il pensiero limpido, profondo ed onesto dell'intellettuale e scrittore triestino Claudio Magris. Anche questa settimana, il 9 settembre, Magris ci ha offerto alcune sue riflessioni, dedicate questa volta al perdono. L'argomento è stato affrontato in riguardo al perdono che i familiari o gli amici di persone offese da determinati reati concedono, o sono sollecitati a concedere, all'autore del fatto offensivo che ha colpito la persona cara. L'autore critica giustamente la vacuità con la quale spesso gli organi d'informazione, rivolgendosi a familiari di persone vittime di atti di violenza, chiedono loro “se perdonano”, violando così un'area rigorosamente riservata e personale dell'animo umano. Partendo da questa condivisibile opinione, Magris sviluppa il suo ragionamento sostenendo che solo l'offeso ha il potere di perdonare; solo lui può farlo e non altre persone, sebbene a lui vicine. Questo è - secondo Magris - il perdono.

Casualmente, la settimana in cui Magris ha svolto queste riflessioni si chiude con la domenica  nella quale la Chiesa cattolica rilegge il passo sul perdono del Vangelo di Matteo (“Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?” E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.” Cioè, l'infinito nel linguaggio ebraico). Tornando a Magris, egli dice: il mio perdono potrà esser dato, o non dato, a chi pecca “contro di me”, non a chi pecca contro un mio caro; e così direbbe – stando alla lettera – anche Matteo. Peraltro,  pare proprio da escludere che sia all'interpretazione letterale di questo brano del Vangelo che possa ricondursi la posizione sviluppata da Magris nel suo intervento, anche a prescindere dalle intenzioni dell'autore. Quindi, se ci si ferma qui, l'opinione di Magris lascerebbe un po' interdetti; infatti un atto di violenza, un'uccisione, non offende solo la vittima diretta, offende anche i suoi cari, li offende nei sentimenti e anche nella pura materialità. Chi uccide un mio amico, pecca contro di lui, ma pecca anche contro di me, perché me lo toglie ingiustamente. E quindi anche io sono offeso, ed anche a me sono dirette le parole del Vangelo di Matteo, per l'offesa che anche io ho subito. Del ragionamento di Magris rimarrebbe accettabile solo la prima parte, quella nella quale si pone in luce l'atteggiamento mentale deteriore di chi, per ragioni di “scoop”, ritiene di poter invadere la sfera interiore dell'amico o parente dell'offeso per sapere se “ha perdonato”.

Casualmente, l'intervento di Magris e la lettura domenicale del Vangelo, coincidono con la settimana che si chiude, per l'appunto, l'11 settembre, decimo anniversario di un'offesa tra le più “imperdonabili” della storia. Chissà come oggi il mondo sarebbe diverso, se allora il popolo americano e i suoi reggitori avessero perdonato “settanta volte sette”. O forse non sarebbe molto diverso: tuttavia ci sarebbero state tante offese in meno, e tanti padri, madri, mariti, mogli e figli ancora in vita.

Casualmente, l'intervento di Magris, la lettura domenicale del Vangelo, l'anniversario dell'11 settembre, cadono nella stessa settimana nella quale Cesare Battisti, dal suo dorato rifugio brasiliano, ha sentito la necessità di dirci che lui chiede, sì, perdono, ma non si pente, perché il pentimento è atteggiamento spirituale religioso, e poi perché lui non ha fatto niente di cui pentirsi. Saggiamente il mondo, dopo essersi chiesto di cosa chieda perdono Battisti, se non ha niente di cui pentirsi, lascerà il delirante al  suo febbrile delirio, e concederà al governo brasiliano che gli dato  rifugio di cullarsi nell'autogratificazione di aver perdonato - non avendone titolo - chi l'offesa l'ha recata ad altri. Ma sicuramente non è questa la fattispecie alla quale si riferiva l'evangelista Matteo.

Casualmente l'intervento di Magris è stato pubblicato all'indomani delle citate dichiarazioni; che egli,  nella sua finezza intellettuale, pur senza citarlo abbia voluto riferirsi proprio al caso Battisti ? In questo caso la sua riflessione sarebbe da condividere nella sua interezza. E non casualmente.

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