martedì 9 ottobre 2012

Riflessioni sulle primarie


Mentre ci avviciniamo alle elezioni del 2013 il dibattito politico è assorbito dalle primarie del centrosinistra. Vi è un gran fervore ed un crescente interesse, non solo tra gli elettori tradizionali del centrosinistra ma anche tra gli altri. Più se ne parla, più ci si riflette; più ci si riflette, più sono gli interrogativi e le perplessità che vengono alla mente.
Già Eugenio Scalfari, tempo fa in televisione, osservò che finché non si conosce la nuova legge elettorale (maggioritaria oppure proporzionale) non ha senso indire “primarie”. Infatti, secondo il fondatore di Repubblica, se la nuova legge elettorale fosse di tipo proporzionale, non avrebbe diritto di accesso una designazione preventiva da parte di un partito o di una coalizione, poiché la maggioranza parlamentare si potrebbe formare solo dopo i risultati, e quindi anche il nome di chi dovrebbe guidarla non potrebbe che dipendere da quei risultati, tra l'altro in ossequio al dettato costituzionale che attribuisce al Presidente della Repubblica (e non alle primarie) la funzione di designare il Presidente del Consiglio.
L'obiezione di Scalfari è formalmente valida, ma essa a ben vedere sarebbe richiamabile anche con una legge elettorale maggioritaria sul tipo di quella adesso in vigore. E' vero che, in questo caso, vi sarebbe una coalizione formatasi prima delle elezioni, e questa coalizione quindi ben potrebbe accordarsi preventivamente anche sulla persona del premier, ma se i dubbi di Scalfari derivano dalla prerogativa costituzionale riservata al Presidente della Repubblica (vincolato solo dalla scelta di una persona in grado di formare un governo che ottenga la fiducia del Parlamento) il dubbio di legittimità rimane ugualmente. Secondo questa impostazione formalistica, nel nostro Paese le primarie per la designazione del premier sarebbero del tutto ininfluenti a prescindere dal tipo di legge elettorale e potrebbero divenire legittime solo a seguito di una modifica della Costituzione che vincoli il Presidente della Repubblica a nominare capo del governo colui che lo schieramento vincitore abbia designato per quel ruolo prima delle elezioni. Senza questa modifica, le primarie sarebbero ammissibili solo con effetti interni al partito che intende ricorrervi: per eleggere il segretario, ad esempio.
Per salvare le primarie con effetti governativi occorre quindi inquadrare questo utile strumento di democrazia nell'attuale assetto costituzionale: ciò vuol dire dover considerare che l'esito delle primarie per la designazione del premier non è mai vincolante per il Presidente della Repubblica, il quale, nelle usuali consultazioni coi gruppi parlamentari, prenderà semmai nota del fatto che in Parlamento può esservi una maggioranza disposta ad accordare la fiducia ad un governo guidato da quella certa persona, quella cioè che abbia vinto le primarie della coalizione maggioritaria, o quelle del partito predominante in detta coalizione, se le primarie sono state “di partito” e non “di coalizione”.
Vi è poi un secondo aspetto di perplessità legato alle attuali primarie del PD. Quelle in corso sono definite “primarie di coalizione”: il vincitore sarà riconosciuto capo della coalizione e come tale sarà indicato concordemente al Presidente della Repubblica anche come il capo del governo, se la coalizione otterrà la maggioranza parlamentare. Ciò vuol dire anche che tutti i partiti della coalizione possono concorrere alle primarie con propri esponenti, anche più di uno per partito. Dato che le primarie del centrosinistra sono in corso, con candidature già presentate o in via di presentazione da parte di persone appartenenti a partiti diversi (al momento, Bersani, Renzi e Puppato per il PD, Vendola per SEL, Tabacci per API), si dovrebbe dedurre che questi partiti abbiano già stretto un accordo di coalizione, magari assieme ad altri che però non presentino candidati alle primarie. Invece non risulta che sia così. Non si è ancora formata nessuna coalizione di centrosinistra: essa semmai la si può solo desumere risalendo, dai candidati che si sono finora presentati, ai rispettivi partiti di appartenenza. Essa è una coalizione non solo ipotetica, ma ancora aperta: se Fini e Casini si candidassero, la coalizione si estenderebbe anche a FLI e UDC ? E SEL rimarrebbe ? A differenza della prima questione (rapporto tra primarie e legge elettorale) questa non è una questione solo formale, ma anche e soprattutto sostanziale. Il presupposto delle primarie di coalizione è che il vincitore sia il candidato di tutta la coalizione per guidare il nuovo governo e che tutta la coalizione voti la fiducia al governo presieduto da quella persona. Ma se, per ipotesi, in caso di vittoria di Renzi, SEL, già prima delle elezioni, si dichiarasse indisponibile, la coalizione perderebbe subito un pezzo. Ma quel pezzo aveva partecipato alle primarie di coalizione, influendo sul risultato (senza Vendola e senza SEL, ripartendo i voti tra meno candidati, forse Bersani avrebbe potuto prevalere su Renzi). Si dovrebbero allora ripetere le primarie?
Ed infine, se le primarie dovesse vincerle Renzi e Bersani venisse sconfitto, potrebbe il PD presentarsi alle prossime elezioni politiche con un segretario "azzoppato" in modo così clamoroso ? Se Renzi vincesse le primarie, vorrebbe dire che l'elettorato di centrosinistra in maggioranza sposa la sua impostazione; e quindi, come potrebbe l'attuale apparato, che egli combatte, restare al suo posto come se nulla fosse ? Egli vincerebbe su un fronte di rinnovamento del partito, ma sul partito non  avrebbe titolo di mettere parola, perchè il segretario resterebbe Bersani. La maggioranza del centrosinistra, se preferirà Renzi, avrà dichiarato di volersi liberare di D'Alema, Bindi, Marini ecc. ma questi resterebbero tranquillamente al loro posto, dato che Renzi sarà stato designato come possibile premier e non come segretario al posto di Bersani. Forse la via era un'altra. Bisognava mantenere la norma statutaria che prevedeva, in caso di primarie di coalizione per il premierato, che il PD vi partecipasse solo col suo segretario in carica e, in questa prospettiva - considerato che l'elezione di Bersani è ormai "vecchia" - si doveva indire un congresso ed elezioni primarie per il nuovo segretario, che, fresco di investitura, si presentasse alle primarie di coalizione per il governo. Se avesse vinto Bersani, nel partito tutto sarebbe proseguito come prima ed il segretario, in quanto tale, avrebbe poi partecipato alle primarie di coalizione per il suo partito, versimilmente vincendole. Se avesse vinto Renzi, nel partito tutto sarebbe cambiato col nuovo segretario, che, in quanto tale, avrebbe poi partecipato alle primarie di coalizione. 
Il fatto che siano state indette “primarie di coalizione” per il premierato con una coalizione ancora in itinere, e che poi si dibatta più su questioni di partito che di governo, è quindi motivo di seria perplessità, ma – volendo – anche di una conferma: l'approssimazione e l'inadeguatezza della nostra attuale classe politica.

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