Nella
rubrica “Huffington Post” di Repubblica.it del 6 novembre 2013 è
fugacemente comparso un articolo che riporta al caso Moro, prendendo
le mosse da un recente libro di Ferdinando Imposimato “I 55 giorni
che hanno cambiato l'Italia” - ed. Newton Compton, uscito nella
primavera scorsa.
Ferdinando
Imposimato è un noto magistrato inquirente da tempo in
pensione; uscito dalla magistratura, è stato deputato, prima
del PDS e poi dei DS. Nella sua attività professionale si è
occupato di inchieste tra le più dirompenti: dal caso Moro
all'attentato a Papa Giovanni Paolo II. Egli ha poi continuato ad
occuparsi a titolo personale soprattutto del caso Moro.
Il
nucleo centrale dell'ultimo libro di Imposimato (in particolare il
capitolo “I giorni di Giuda”) riguarda una rivelazione che egli
ebbe casualmente da tale Giovanni Ladu trenta anni dopo i fatti. Ladu prese contatti con lui nel 2008 e gli riferì che nei giorni precedenti il
ritrovamento del cadavere di Aldo Moro (9 maggio 1978) egli, assieme ad altri
militari, aveva fatto parte di un nucleo d'intervento che doveva effettuare, o quanto meno preparare, un blitz in via Montalcini, dove le Forze dell'Ordine già
sapevano (secondo Ladu) che veniva tenuto l'illustre prigioniero. Ladu riferì a Imposimato
che all'ultimo momento, quando tutto era già pronto per
l'intervento armato di liberazione, ci fu un improvviso contrordine:
i militi furono tutti rispediti alle loro caserme con la consegna di
non far parola con nessuno dell'operazione della quale si erano
occupati. Il giorno successivo Moro fu trovato ucciso nella tristemente
nota Renault Rossa in Via Caetani.
Imposimato
riferisce nel suo libro di essersi domandato il motivo per il quale
questo Ladu, divenuto nel frattempo ufficiale della guardia di
finanza, a distanza di trenta anni anni dai fatti si fosse deciso a
parlare di quella vicenda che nessuno conosceva. Gli dette credito
perché Ladu era a conoscenza di molti particolari logistici
(ad esempio la situazione dei luoghi vicino a Via Montalcini all'epoca dei
fatti riferiti, e successivamente modificata) e poi perché
Ladu era stato accompagnato a Roma, per l'incontro concordato, da un
ufficiale della Guardia di Finanza di Novara, il quale gli era parso
“preciso, intelligente, prudente, colto” (pag. 155).
E'
interessante notare che Ladu riferì a Imposimato che all'epoca
dei fatti (aprile-maggio 1978) aveva 19 anni, era partito da casa in
Sardegna per il servizio di leva a Napoli il 20 aprile 1978 (pag. 159). Tre
giorni dopo l'arruolamento lui ed altri 39 militari di leva
ricevettero l'ordine di partire per una missione a Roma, dove
arrivarono il 23 aprile 1978 (Moro era stato sequestrato il 16 marzo
e sarebbe stato giustiziato dalle BR il 9 maggio 1978). Quindi, a
stare alla versione di Ladu, l'Italia avrebbe utilizzato per un blitz
volto alla liberazione di Moro - del quale conosceva la prigione -
quaranta ragazzi di leva appena arruolati.
Imposimato
ebbe qualche dubbio, ma subito lo fugò, come dice lui stesso
nel suo libro a pag. 159: “Del resto, che interesse poteva avere
Ladu a mentire?”. Di fronte ad un argomento così decisivo,
infatti, come dubitare ancora? E poi, Ladu era stato presentato da
una persona così intelligente, colta, educata (pag. 155).
Resta
il fato che appena quattro giorni dopo l'arruolamento di leva, la
sera del 24 aprile (pag. 161) Ladu e gli altri fanno un sopralluogo
in via Montalcini, sotto le finestre dei brigatisti; forse non tutti insieme perché un
assembramento di quarantina di ragazzi della stessa età, sia
pure in borghese, che si aggirano con fare indifferente in una strada
di poco più di cento metri in una zona periferica di Roma
che non ha particolari attrattive, avrebbe destato qualche sospetto
nei brigatisti asserragliati nell'appartamento a guardia di Moro.
Imposimato
rimase colpito dalla rivelazione di Ladu. Gli parvero fatti
gravissimi: lo Stato sapeva dove era tenuto prigioniero uno dei suoi
più alti esponenti, aveva deciso di intervenire per liberarlo ed
improvvisamente, l'8 maggio 1978 (pag. 169), vi rinunciò. Il giorno
dopo, il 9 maggio, Moro venne ritrovato morto.
Imposimato,
sulla scorta della lunga esperienza di pubblico ministero e di
inquirente sui casi più intricati dei quali si è dovuta
occupare la magistratura italiana, ha qualche tentennamento prima di dare credibilità al suo interlocutore: Ladu non
ricorda il nome di nessuno degli altri 39 commilitoni di leva, e poi
dai fatti sono passati più di trenta anni: “...l'impossibilità
– nel 2008, quando ormai non ero più giudice da anni – di
chiamare come testimoni ufficiali e militari, di disporre indagini
... di acquisire documenti ... di avere collaborazione nei Paesi
stranieri, mi indussero ad abbandonare l'impresa”(pag. 173). Un
cittadino normale, senza le conoscenze e l'esperienza indagativa di
Imposimato, forse avrebbe avuto qualche dubbio in più ed
avrebbe segnalato il nome di Ladu e le cose che questi diceva alla
più vicina stazione dei Carabinieri. Ma per Imposimato le cose
riferite da Ladu sono verosimili, pensa solo che vi sia qualche
difficoltà a provarle dopo trenta anni - per lui, che ormai è un privato cittadino - ed allora si limita a
invitare Ladu a informare la Procura della Repubblica di Novara, che
poi passa gli atti a quella di Roma, “dove la denuncia di Ladu...restò a languire per due anni su una scrivania”.
Ma
quattro anni dopo, “quando ormai avevo abbandonato ogni speranza di
veder trionfare la verità sulla menzogna e sul silenzio”
(pag. 176), viene fuori, guarda il caso, uno degli altri 39 militari di leva compagni di Ladu. Questi
si fa vivo per mail con Imposimato dando “il nome fittizio” (e
forse un po' beffardo) di Oscar Puddu (“puddu” in sardo vuol dire
“pollo”, e questo avrebbe dovuto lasciare intuire dove si sarebbe
andati, alla fine, a parare). Puddu si disse disponibile a
descrivere ciò che sapeva, ma solo per iscritto, rifiutando un
incontro diretto e comunicazioni telefoniche a viva voce. Un esperto
inquirente no, ma un cittadino ignaro avrebbe subito sospettato che
questo Puddu non fosse altri che Ladu che tornava alla carica per
dare riscontri, apparentemente di un'altra persona, dei fatti che
aveva già riferito a Imposimato senza ottenere grandi
risultati, sia pure nel rammarico di quest'ultimo. Per fare questo
adotta un nome fittizio e si rifiuta di farsi vedere o ascoltare da
Imposimato, perché – a distanza di quattro anni – sarebbe
facilmente riconosciuto. Anche Imposimato viene colto da qualcosa di
simile ad un dubbio del genere, ma dall'alto della sua esperienza
subito lo ricaccia via (“dopo qualche incertezza, decisi di non
rinunciare alla sua offerta:così avrei avuto modo di
verificare ciò che mi diceva in base al racconto di Ladu, ma
anche accertare l'attendibilità di quest'ultimo, fino ad
allora troppo isolato per essere creduto” (pag. 177). Deve aver
pensato così anche Ladu: meglio sdoppiarsi, così poi sembro due.
“Iniziava
così tra me e Oscar Puddu un lungo dialogo informatico fatto di
notizie fornite spontaneamente e di domande e risposte scritte...”
(pag. 178).
Dopo
le prime mail, che riportano fatti incredibilmente identici a quelli
– di trenta anni prima – già riferito da Ladu, Imposimato
viene colto dal dubbio: “Subito mi chiesi se non fossero la stessa
persona.” (pag. 179). Egli nutre a lungo questo dubbio, ma decide
di andare avanti. Però il vecchio inquirente cerca di vedere
in faccia il suo interlocutore, ma ovviamente non ci riesce. Comincia
a conoscere meglio Puddu, sia pure solo per scritto. Questi gli
descrive la propria vita e gli narra fatti in virtù dei quali
Imposimato giunge alla conclusione che “I due, Ladu e Puddu,
avevano personalità diverse, culture diverse e riferivano,
oltre che fatti identici ... anche circostanze differenti. “ E poi
Ladu “essendo un uomo leale al massimo, senza riserve mentali e
senza doppiezze, non sarebbe mai riuscito a fingersi altri.”
(pag. 181). E Puddu, quando Imposimato aveva azzardato a dubitare di
quel che diceva, aveva risposto con fierezza che ciò che aveva
raccontato era tutto vero. Imposimato cerca di far tradire Puddu e
lo costringe ad ammettere di aver conosciuto Ladu, dandone una
descrizione che evidentemente fuga ogni residuo sospetto nell'ex
magistrato: Ladu, corpo robusto ed abbastanza atletico, faceva parte
dei bersaglieri, dall'accento si capiva che era sardo, aveva un
compagno d'avventura dal nome in codice Pippo. Tutto corrispondente
alla persona di Ladu e alla sua versione dei fatti. Veramente
sorprendente. Di fronte a simili e decisivi argomenti, come
continuare a dubitare che Ladu e Puddu fossero la stessa persona?
Solo un povero cittadino ignaro delle tecniche investigative avrebbe
potuto continuare a farlo.
Leggendo
le pagine di Imposimato, si ritrova effettivamente un chiaro ed
inequivocabile riscontro, nella parole di Puddu, di quel che aveva
riferito quattro anni prima Ladu. Queste ultime, avendo avuto il riscontro di un secondo testimone, sono quindi
attendibili: lo Stato italiano sapeva dove era nascosto Moro e stava
per liberarlo. L'8 maggio 1978 fu repentinamente annullata
l'operazione. Il giorno successivo fu ritrovato il cadavere di Moro
in via Caetani. E da qui, ovviamente, P2, Gladio, CIA ecc. ecc. (strade purtroppo da non trascurare, forse però per altre motivazioni).
La
notizia riportata per poche ore su “Huffington Post” di
Repubblica.it il 6 novembre scorso riferisce che la procura di
Roma ha deciso indagare per calunnia Ladu perché accusato di
aver "falsamente incolpato, pur sapendoli innocenti, i vertici
istituzionali e militari, nonché le autorità di polizia
giudiziaria dell'epoca”. Il Pm ha affidato le
indagini ai Carabinieri del Ros. Secondo l'accusa Puddu non esiste, è
un nome di fantasia dietro il quale si nasconde Ladu, il primo (ed
unico) testimone. Ladu, secondo l'accusa, usò il falso nome di Puddu e dietro questo paravento tornò a contattare
Imposimato, questa volta via mail.
Ancora
non sappiamo come stanno le cose, ma se le nuove indagini in corso
adotteranno gli stessi perspicui criteri investigativi che sempre più
spesso emergono (come anche in questo caso), difficilmente riusciremo
a saperlo in futuro. Certo che leggendo il libro di Imposimato, che
di indagini scottanti ne ha seguite tantissime (forse tutte le più
scottanti del dopoguerra), si può riuscire a capire perché
in Italia spesso non si arrivi a nulla ed i casi più gravi
restino avvolti per sempre dal mistero. Basta che un interlocutore
appaia “colto, intelligente ed educato”, che non si veda quale
interesse possa vere per dichiarare il falso, che sembri “un uomo
leale al massimo, senza riserve mentali e senza doppiezze” e le
indagini procedono vittoriose fino alla loro gloriosa conclusione
(nel nulla, ovviamente). Sulla parola dei galantuomini, purché
educati: così si amministra la giustizia in Italia.
C'è
una notazione finale da fare, che forse spiega il silenzio nel quale
è stata subito avvolta dai media l'iniziativa della Procura di
Roma sul caso “Ladu/Puddu”. Nella prefazione al libro di
Imposimato si fa riferimento – per avvalorare la ricostruzione
dell'ex giudice – alla “definitiva conferma e certezza attraverso
le dirompenti dichiarazioni – raccolte dall'autore – di due dei
numerosi militari impegnati nei servizi di osservazione finalizzati
alla successiva irruzione nella prigione di Moro e che ricevettero,
poi, improvvisamente e inopinatamente l'ordine di immediata
smobilitazione. ...Le rivelazioni di questi due militari ... sono
troppo convergenti, coincidenti in tutto e per tutto: troppo dense di
particolari, troppo piene di formidabili riscontri, ... sì che ad
essi deve attribuirsi la massima attendibilità, credibilità
e veridicità. ... Dettagliato e minuzioso e del tutto
sovrapponibile è il resoconto da parte di entrambi degli
avvenimenti e delle operazioni di quei quindici giorni...”.
Sì,
anche secondo il prefatore Ladu e Puddu parlano come se fossero la
stessa persona. Se lo dicono entrambi, come possono non sapere?
Quando
questo prefatore scriveva la sua prefazione, all'inizio del 2013,
egli era ancora poco noto, almeno al grande pubblico. Sarebbe venuto
alla ribalta solo qualche mese dopo: egli infatti risponde al nome
del presidente di sezione della corte di Cassazione Antonio Esposito.
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