E' passata
quasi sotto silenzio la scomparsa di Eugenio Corti (1921-2014), avvenuta a Besana Brianza il 4 febbraio scorso. “Eugenio Corti chi?”. La domanda sorgerà spontanea in molti a sentire il nome di questo scrittore brianzolo. La sua opera principale, monumentale, è “Il cavallo rosso”: un'opera
di grande respiro, ponderosa, scritta forse con uno stile letterario
non eccelso ma capace di raggiungere l'obbiettivo al quale dovrebbe
tendere ogni opera letteraria, quello di avvincere il lettore e
toccarne indelebilmente l'anima. Sullo sfondo della Brianza laboriosa e
solidale nella quale sono radicati i personaggi, fortemente avvinta ai suoi valori, il romanzo, con un sottofondo autobiografico, passa dall'agghiacciante cronaca
della rovinosa ritirata dal fronte russo nell'ultima guerra alla lotta partigiana, ai primi anni dell'Università Cattolica a Milano con la figura di Padre Agostino Gemelli, alla liberazione e al dopoguerra con la ripresa
della libera competizione tra opinioni diverse, alle molte delusioni che ne seguirono dopo i primi anni eroici della salvezza democratica e della ricostruzione.
Certo, Corti non è
stato – come oggi si direbbe – bipartisan. No, per lui il bene
stava da una parte ed il male dall'altra e in tanti passi de “Il
cavallo rosso” ciò emerge, ma non disturba il lettore
sereno: suscita anzi un senso di vicinanza e induce ad uno sforzo di
comprensione. Questo dividere il mondo in due è forse il limite maggiore di Corti ed è stato pagato duramente col più rigoroso
isolamento nel panorama letterario italiano. Lui, però, il bene ed il
male l'aveva visto coi suoi occhi alle massime espressioni ed un po'
di credito gli va dato, soprattutto da parte nostra che queste
categorie le conosciamo per sentito dire e le trattiamo con un po' di
supponenza. In questa epoca nella quale ogni giorno ci vengono
pomposamente presentate come capolavori opere letterarie con le gambe
corte e la sintassi sbilenca (e sotto sotto si scopre sempre la
manina della politica), l'oblio nel quale è stato relegato
Eugenio Corti, grazie a quella stessa manina, pare esemplare di
ciò che non dovremmo essere ed invece siamo.
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